sabato 23 ottobre 2021

L'eruzione del Cumbre Vieja e il rischio di uno tsunami devastante: teoricamente reale nelle vicinanze, inesistente nelle coste lontane dell'Atlantico


L’eruzione del Cumbre Vieja continua piuttosto vivace, accompagnata da parecchi eventi sismici al giorno con M superiore a 2, con picchi di oltre M3 a una decina di km di profondità. C'è poi un secondo cluster, con sismicità meno frequente ma con M spesso maggiore di 4 ad una trentina di km di profondità sotto il vulcano, dove dovrebbe esserci la camera magmatica. Chiaramente fino a quando si registra questa attività profonda non si può parlare di fine dell’attività eruttiva. Nel post precedente sulle Canarie ho inquadrato in termini vulcanici e tettonici l’arcipelago e fatto notare che gli allarmi sulla “nube tossica” avevano poco senso. Oggi invece parlo di un’altra delle possibili conseguenze catastrofiche dell’eruzione del Cumbre Vieja, il collasso dell’intero fianco occidentale del vulcano, con annesso rischio della generazione di un mega-tsunami. Anche in questo caso le prospettive non sembrano essere così catastrofiche, almeno a distanza. Vediamo perché.

immagini radar prima e dopo il cedimento del fianco
di Anak Krakatoa nel dicembre 2018
LA PERICOLOSITÀ DEI CEDIMENTI SUI FIANCHE DEI VULCANI. Con i cedimenti dei fianchi e le eruzioni esplosive i vulcani provocano i processi puntuali più grandi e distruttivi sulla Terra che spesso influenzano il clima globale e anche le atitvità umane. Basta vedere il celebre Urlo di Munch, dove le strisce nel cielo rappresentano uno degli effetti delle ceneri dell’eruzione del Krakatoa. Nel maggio 1980 la devastante eruzione del St. Helens ha dimostrato come una eruzione importante possa essere innescata anche da un collasso relativamente piccolo ed è evidente che un caso del genere su un vulcano posto su un’isola o quantomeno sulle rive dei mari possa innescare dei problemi. Lo dimostrano ad esempio a casa nostra i tanti tsunami di Stromboli: il 30 dicembre 2002 ce ne furono due, il primo per una frana sottomarina con circa 20 miloni di m3 di materiale, il secondo, minore (fra 4 e 9 milioni di metri cubi) è stato causato da una frana partita da circa 500 metri di altezza dalla Sciara del Fuoco (Tinti et al, 2006). Nel 2018 un collasso di minore importanza ad Anak Krakatau, il vulcano sorto sulle ceneri di quello esploso nel 1883, ha provocato uno tsunami lungo le coste dello stretto della Sonda (ne ho parlato qui).
Il collasso laterale delle isole vulcaniche, come alle Canarie, può coinvolgere una quantità di materiale molto importante (>300 km3): i modelli dicono che in questo modo si potrebbero provocare onde alte oltre 20 metri in tutte le coste dell’Atlantico. Sarebbe ovviamente una immensa tragedia, ampiamente peggiore dello tsunami del 26 dicembre 2004. e adesso il web, ma non solo, è pieno di post catastrofici sull’argomento. Vediamo meglio se ci sono delle possibilità effettive di una simile catastrofe.

le frane delle Canarie, da Ward e Day (2001)
LE FRANE CONNESSE AI VULCANI DELLE CANARIE. È ampiamento assodato che nelle Canarie i fianchi dei vulcani tendano a franare e che alla frana segue la formazione di una caldera, come è successo a La Palma poco più di un milione di anni fa, quando la frana che ha messo a giorno parti del vecchio vulcano a scudo di qualche milione di anni fa e ha preceduto la formazione della caldera del Taburente. 
Questi eventi si verificano in genere dopo le fasi più intense della costruzione dei vulcani a scudo, quando il complesso passa da un stadio primitivo, dove si trova al centro di una serie di fratture a raggera, ad uno stadio di rift lineare. Per questo le frane avvengono di preferenza  nelle isole più giovani come sono adesso Tenerife, La Palma ed El Hierro (dove hanno meno di 150.000 anni), mentre a largo delle isole più antiche (Lanzarote, Fuerteventura, Gran Canaria e La Gomera) i loro depositi sono stati ricoperti da sedimenti successivi (Acosta et al 2004). 
Un vulcano da poco passato allo stadio di rift è appunto il Cumbre Vieja (Day et al, 1999). Il rischio qui è rappresentato dalle condizioni del suo fianco occidentale, da dove potrebbero staccarsi tra i 150 e i 500 km3 di roccia. In alcune simulazioni le onde generate dall’evento potrebbero attraversare l'intero bacino atlantico e arrivare sulle coste delle Americhe con un'altezza compresa fra 10 e 25 metri (Ward e Day 2001). 
Ma siamo sicuri che questo quadro sia realistico?

l'area a bassa resistività che coincide con la superficie di
debolezza  nel fianco occidentale  del vulcano (Garcia e Jones, 2010)
LA FRATTURA DEL 1949 AL CUMBRE VIEJA. Durante l'eruzione del 1949 si è sviluppato un sistema di faglie normali lungo il versante occidentale del vulcano (Bonelli Rubio 1950). La frattura principale era lunga 4 km e la scarpata associata raggiunse i 4 metri di dislocamento. L'aspetto della rottura della superficie era inquietante perché c’erano tutti i tipici fenomeni che precedono l’innesco di una frana importante, proprio come successe con la frattura a “M” al Vajont. E come nel tragico caso del 1963 questo sistema è stato interpretato come sintomo dello sviluppo di una zona di debolezza e di instabilità. Questo quadro è stato confermato da vari rilevamenti, ad esempio da Garcia e Jones (2010), che con metodi geofisici hanno visto a circa 1 km di profondità un livello a resistività ridotta che hanno interpretato come una zona caratterizzata da una alternanza di rocce alterata e fluidi che rappresenta una superficie di scorrimento ideale.
La maggiore probabilità di avere una frana durante una eruzione è piuttosto logica perché ci sono alcune condizioni favorevoli: il rigonfiamento dell’edificio prima dell’eruzione aumenta la pendenza dei fianchi, e questo si accompagna alle vibrazioni dei terremoti e all’accumulo di ceneri e/o lave sulla superficie, mentre la resistenza dell'insieme può essere messa a dura prova anche dalla circolazione di fluidi. Prendendo di nuovo l’esempio di Stromboli le frane avvengono in genere durante periodi di rigonfiamento.
Dopo l’eruzione la situazione si è stabilizzata: le misurazioni geodetiche nel periodo 1994-1998 indicano che la faglia è inattiva dal 1949 (Moss et al., 1999). Non è una situazione inaspettata, perché finita l’eruzione lo “sgonfiamento” del vulcano, la diminuzione dei fluidi e della loro temperatura e dei terremoti diminuisce la possibilità di innesco della frana. Però non si esclude che questa superficie possa riprendere a scivolare saltuariamente. Sono stati anche effettuati dei rilievi satellitari con i dati disponibiliall’epoca che non hanno registrato cose preoccupanti, evidenziando solo qualche assestamento nella zona dell’eruzione del 1974. I dati InSAR degli anni ‘90 indicano solo della subsidenza nella zona interessata dalla successiva eruzione del 1974 (Perlock et al 2008) (annoto comunque che le frequenze radar usate per lo studio delle deformazioni del terreno hanno grandi difficoltà a trovare dei bersagli a causa della estesa copertura vegetale).

QUALI I POSSIBILI SVILUPPI IN CASO DI UNA FRANA AL CUMBRE VIEJA E IN ALTRE SITUAZIONI ANALOGHE? Gli accadimenti del 1949 portano però all’ipotesi di una ripresa del movimento durante una eruzione come quella attuale con il rischio che tutto quanto si trovi sopra la superficie di scorrimento vista da Grecia e Jones scivoli catastroficamente e improvvisamente in mare.
Ma tale rischio c’è davvero? Su questa ipotesi sono stati sviluppati diversi modelli che, ovviamente, forniscono in caso affermativo degli scenari catastrofici. 

La domanda è quanto siano realistici in termini geologici.
la sequenza dei numerosi eventi che provocano una megafrana
lungo i fianchi dei vulcani delle Canarie da Hunt et al (2018)

Direi poco, innanzitutto perché lungo le coste dell'Oceano Atlantico prove di tsunami da collasso di queste dimensioni e corrispondenti alle frane delle Canarie non ne sono state trovate né lungo le coste né nei sedimenti delle piattaforme continentali, mentre di tracce di tsunami tettonici in stile Lisbona 1755 se ne trovano eccome.
Una seconda smentita viene dalle modalità degli eventi: Hunt et al (2018) hanno studiato alcune frane del fianco del Teide a Tenerife, che hanno innescato eruzioni esplosive. Ebbene, non si è trattato di frane singole, quanto di eventi complessi perchè le analisi geochimiche sui vetri vulcanici recuperati dai depositi sottomarini dimostrano che ci sono stati diversi collassi del fianco in sequenza in quanto cambiano a mano a mano le caratteristiche sedimentologiche, mineralogiche e geochimiche dei materiali: i primi episodi avvengono ancora sotto il livello del mare e solo gli ultimi sedimenti contengono materiali provenienti dalle rispettive eruzioni esplosive coeve. 
Venendo agli tsunami da frana, le onde possono essere alte ben oltre i 100 metri (Ferrer et al, 2021, con un esauriente elenco della bibliogafia in materia). Canarie e Hawaii sono gli arcipelaghi più studiati da questo punto di vista (e non potrebbe essere altrimenti). Peraltro si deve notare che gli improvvisi cedimenti dei fianchi del Mauna Loa e del Kilauea nel 1868 nel 1975 hanno generato tsunami solo localmente distruttivi, senza effetti nelle coste continentali che si affacciano sul Pacifico. Allo stesso modo il collasso del Krakatoa nel 1883 ha fatto gravissimi danni lungo le coste vicine, ovviamente più imponente di quello del 2018, ma senza effetti particolari a distanza; questo perché uno tsunami per arrivare a grande distanza con onde molto alte ha bisogno di essere innescato da una sorgente di grandi dimensioni (come le vaste aree di fondo oceanico che si sono mossa nel 2004 a largo di Sumatra o nel 2011 a largo del Giappone) capace di produrre onde a lungo periodo, diverse da quelle generate da una frana, caratterizzate da una lunghezza d’onda più corta che non riescono ad arrivare con creste alte a lunga distanza (Pararas-Carayannis 2002). 

Pertanto, lo scenario di una frana di enormi dimensioni che provoca uno tsunami di enormi dimensioni A DISTANZA è da considerare poco probabile perché:
  • lungo le coste dell’Atlantico e nelle corrispondenti piattaforme continentali non sono state trovate tracce di tsunami di grandi dimensioni nonstante i diversi massici eventi franosi avvenuti in diverse isole, e specialente alle Canarie 
  • le analisi petrologiche dimostrano che i collassi dei fianche dei vulcani delle Canarie in genere si svolgono in diverse fasi minori, piuttostoche in un singolo e catastrofico evento
  • gli tsunami più recenti di questo tipo, anche se hanno generato onde incredibilmente alte nelle vicinanze, non hanno dato effetti a grande distanza a causa della ridotta lunghezza d’onda che li caratterizza
Invece nelle aree limitrofe il rischio di onde alte oltre 100 metri TEORICAMENTE esiste. In ogni caso non è che ad una eruzione si accoppi per forza una frana e inoltre è chiaro che fino a quando non si apriranno delle fratture sul fianco del vulcano l'accoppiata frana + tsunami non fa parte dello scenario di protezione civile attuale. Immagino che se il rischio fosse oltre che teorico anche reale le Autorità avrebbero già provveduto in materia.

BIBLIOGRAFIA

Acosta et al 2004. Geologic evolution of the Canarian Islands of Lanzarote, Fuerteventura, Gran Canaria and La Gomera and comparison of landslides at these islands with those at Tenerife, La Palma and El Hierro Marine. Geophysical Researches 0, 1–38
Bonelli Rubio 1950. Contribucion al estudio de la erupcion del Nambroqueo or SanJuan (Isla de la Palma). Inst.Geogr. Y Catastral, Madrid 
Day et al 1999. Recent structural evolution of the Cumbre Vieja volcano, La Palma, Canary Islands: volcanic rift zone reconfiguration as a precursor to volcano flank instability? Journal of Volcanology and Geothermal Research 94, 135–167 
Ferrer et al 2020. Megatsunamis Induced by Volcanic Landslides in the Canary Islands: Age of the Tsunami Deposits and Source Landslides. GeoHazards 2,228–256
Garcia and Jones 2010. Internal structure of the western flank of the Cumbre Vieja volcano, La Palma, Canary Islands, from land magnetotelluric imaging. Journal of Geophysical Research 115, B07104
Hunt et al 2018. Multi-stage volcanic island flank collapses with coeval explosive caldera-forming eruptions. Scientific Reports 8:1146 
Krastel et al 2001. Submarine landslides around the Canary Islands. Journal Of Geophysical Research 106 B3, 3977-3997 
Moss et al 1999. Ground deformation monitoring of a potential landslide at La Palma, Canary Islands. Journal of Volcanology and Geothermal Research 94/1–4,251-265
Perlock et al 2008. Time Evolution of Deformation Using Time Series of Differential Interferograms: Application to La Palma Island (Canary Islands). Pure appl. geophys. 165, 1531–1554 
Pararas-Carayannis 2002. Evaluation of the threat of mega tsunami generation from postulated massive slope failures of island stratovolcanoes on La Palma, Canary Islands, and on the island of Hawaii. Science of Tsunami Hazards, Volume 20, Number 5, page 251 - 277 (2002 )
Tinti et al 2006. The landslides and tsunamis of the 30th of December 2002 in Stromboli analysed through numerical simulations. Bull Volcanol (2006) 68: 462–479
Ward e Day 2001. Cumbre Vieja Volcano. Potential collapse and tsunami at La Palma, Canary Island. Geophysical Research Letters 28/17, 3397-3400

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